Musei locali nella pandemia. Costrizioni, sofferenze, rinascite è un’iniziativa realizzata dal Sistema museale antropologico del Lazio DEMOS del quale il Museo della terra è parte.
L’obiettivo del progetto è stato quello di documentare e restituire, tramite il filtro della lettura antropologica, come le comunità locali abbiano vissuto l’esperienza della recente pandemia. Nel corso dei primi mesi del 2022 sono stati realizzati dai nove musei del Sistema DEMOS 9 cortometraggi, che restituiscono lo spaccato di paure, speranze, nuove forme di comunicazione e socializzazione che questo evento, così straordinario, ha generato.
L’esperienza della pandemia da Covid19, vero e proprio “fatto sociale totale”, ha profondamente segnato la vita delle comunità locali. Il confinamento dovuto al lockdown ha provocato restrizioni e sofferenze di natura sociale, economica, psicologica. Nei due anni in cui ha imperversato il Covid19 sono cambiate abitudini, modalità della relazione, spesso riconfigurate attraverso i media elettronici. La necessità del distanziamento fisico, l’isolamento, la didattica a distanza, hanno generato nuovi confini e nuove differenze. Sono state sperimentate nuove esperienze dello spazio e della condivisione.
Nuovi problemi etici hanno investito i servizi sanitari, specie in relazione all’accesso alle terapie intensive. Diversi modelli di contenimento della diffusione del virus, e del rapporti tra obiettivi sanitari e obiettivi economici, sono entrati in conflitto. Si è assistito all’insorgere di tensioni nel rapporto fra generazioni diverse, colpite dal virus in modo più o meno diretto e pesante; ma anche tra lavoratori pubblici e privati, dipendenti e autonomi, colpiti in modo diverso dalle conseguenze economiche del blocco delle attività.
Le stesse idee di “purezza” e “pericolo” hanno subito una risemantizzazione. La xenofobia, specie nei primi mesi del 2020, la vera e propria “paura dello straniero” (specie se di origini orientali), ha trovato nel Covid19 nuovo alimento. Inoltre, l’insorgere e il plasmarsi di visioni apocalittiche hanno accompagnato la progressiva propagazione del virus. Nuove forme di ritualità hanno preso vita: dal cantare tutti insieme affacciati dalle finestre all’autoproduzione alimentare. La pandemia ha seminato lutto, perdita, senza che fosse possibile ricorrere ai dispositivi di contrasto alla crisi della presenza generata dalla scomparsa di parenti e amici. Le cronache hanno riferito di esistenze che si consumavano in totale isolamento e solitudine. L’impossibilità di dare un ultimo saluto; il contingentamento della partecipazione alle cerimonie funebri; tutto questo venir meno di pratiche condivise e codificate ha portato a profondi traumi.
Tenuto conto di questo quadro, l’idea è stata quella di avviare campagne di documentazione etnografica presso le comunità di riferimento dei musei del DEMOS al fine di operare una patrimonializzazione e una pubblica restituzione, filtrata dalla lettura antropologica, delle nuove pratiche culturali, delle storie e più in generale del modo in cui le comunità hanno elaborato l’esperienza. Ciascun museo ha lavorato in maniera autonoma, entro un quadro di azioni e presupposti condivisi.